Yoshitaka Funakoshi: la Scuola Shōtōkan
Il percorso di Gichin Funakoshi nella diffusione del Karate in Giappone può essere suddiviso in quattro fasi principali, che coincidono con i diversi luoghi in cui insegnò:
- Periodo Meisei Juku (1922-1924): dopo la dimostrazione a Tōkyō, Funakoshi inizia a insegnare Karate nel pensionato per studenti di Okinawa, dove risiede e lavora.
- Periodo del Dōjō Yūshin-kan (1924-1931): ha la possibilità di utilizzare il dōjō del maestro di Kendō Hakudō Nakayama, compatibilmente con gli orari delle lezioni di Kendō.
- Periodo del Masagochō dōjō (1931-1938): affitta una casa con giardino nel quartiere Masagochō e vi allestisce un piccolo dōjō, che in seguito amplia affittando uno spazio adiacente.
- Periodo Shōtōkan (1938-1945): nel 1938 viene finalmente costruito un dōjō interamente dedicato alla sua scuola, che prende il nome di Shōtōkan; sarà distrutto nel 1945 durante i bombardamenti su Tōkyō.
Con l’apertura dello Shōtōkan, Funakoshi — ormai settantenne — affida la conduzione del corso principale a suo figlio Yoshitaka (detto anche Gigō), mentre i suoi allievi più anziani tengono i corsi presso le università.
Yoshitaka, sin da bambino di salute fragile, si distingue comunque come praticante di altissimo livello. È a lui che si deve la trasformazione più evidente dello stile Shōtōkan: le tecniche diventano più dinamiche, ampie e potenti. L’impronta di Yoshitaka sul Karate Shōtōkan moderno è talmente forte che, più che lo stile del padre, quello attuale riflette le sue innovazioni.
È sempre Yoshitaka a introdurre il combattimento libero come parte integrante dell’allenamento, una pratica inizialmente accolta con freddezza dal padre, che restava legato a una visione più tradizionale e formale.
Durante un soggiorno a Ōsaka, Yoshitaka organizza una sessione di allenamento con praticanti della scuola Gōjū-ryū, incentrata sul combattimento libero. Questi incontri, spesso intensi e senza regole codificate, mettono in luce il vantaggio tecnico degli allievi Gōjū-ryū in questo tipo di pratica. È un momento decisivo: Yoshitaka riconosce l’importanza di integrare il combattimento reale nella preparazione e sviluppa tecniche, strategie e allenamenti specifici per colmare il divario. Questo nuovo approccio segna un distacco sempre più netto dal metodo del padre.
Nel 1945, durante i bombardamenti su Tōkyō, il dōjō Shōtōkan viene distrutto. Gichin Funakoshi, ormai settantasettenne, si ritira a Ōita, nel sud del Giappone, dove si ricongiunge alla moglie. Due anni dopo, la donna si ammala gravemente e muore.
Nel momento della sua morte, chiede di essere coricata con la testa rivolta prima verso Tōkyō, dove vivono i figli, e poi verso Okinawa, terra degli antenati. Questo gesto, profondamente simbolico nella cultura giapponese, esprime rispetto e amore verso famiglia e origini. Per Funakoshi, la morte della moglie segna la fine di un lungo percorso condiviso.
Nello stesso anno muore anche Yoshitaka, il figlio che aveva guidato concretamente e idealmente lo Shōtōkan. Con la perdita della famiglia e la distruzione del dōjō, Gichin Funakoshi vive questi eventi come un fallimento personale e come la sua sconfitta parallela a quella del Giappone nella guerra.