La nuova strada
Shigeru Egami, dopo aver messo in discussione le pratiche tradizionali del Karate, tra cui l’uso del makiwara, si confronta con un interrogativo centrale: come mai altre scuole, come il Gōjū Ryū o l’Uechi Ryū, ottengono risultati significativi facendo leva sulla forza fisica?
Non si limita a osservare dall’esterno. Decide di affrontare la questione in prima persona. E, ancora una volta, inizia un viaggio solitario, difficile, faticoso, ma guidato da un’intuizione profonda: il Karate ha bisogno di una nuova via.
«Dopo questa tappa ho dovuto cominciare io stesso a dissodare un nuovo sentiero, e a seguirlo. La difficoltà e la durezza di questo lavoro superano ogni possibilità di esprimerli. Ho avuto più volte voglia di abbandonare e di deviare da questa via.»
La sua ricerca non è più solo tecnica. È diventata esistenziale. Non cerca di colpire più forte, ma di comprendere davvero cosa renda uno tsuki efficace. La velocità, la durezza, l’impatto… sono solo apparenze. Il vero tsuki è quello che nasce da un’unione più profonda: quella tra corpo e spirito.
«Uno tsuki diventa uno tsuki dopo aver toccato il corpo dell’avversario. È inutile preoccuparsi della velocità… bisogna domandarsi se lo tsuki sia veramente efficace. E per questo bisogna allenarsi esaminando lo stato e il movimento del proprio spirito, come quello dell’avversario.»
Con il tempo, Egami approda a una nuova comprensione dell’arte. Scopre l’esistenza di un principio spirituale, lo shinpō, grazie al quale la forza si concentra nella tecnica in modo naturale. Ed è proprio nell’armonia tra corpo e spirito che si cela la vera efficacia.
«La vera forza appare solamente quando il corpo e lo spirito riescono a formare un’unità.»
Così, l’arte del combattimento, prima intesa come conflitto, si trasforma. Non si tratta più di vincere a ogni costo, ma di fondersi con l’altro. Di superare la dimensione animale dello scontro per entrare in un nuovo stato: quello dell’armonia.
«Sono uscito dal mondo conflittuale e mi sono trovato in un mondo di armonia. Ho capito che era da quella parte che potevo trovare la vera via del Karate. L’idea dell’armonia apparirà debole a chi valorizza la forza fisica, ma niente è più forte della via, poiché si situa sulla più alta vetta della ricerca marziale.»
Il cammino di Egami lo porta a rivedere ogni aspetto del suo Karate: dal modo di colpire, ai kata, fino al combattimento libero. I movimenti si fanno più fluidi, più naturali, il corpo si ammorbidisce, lo spirito si rinnova.
«Le mie tecniche sono cambiate, andando dalla dispersione verso la concentrazione, dalla durezza verso la cedevolezza. Tutto va verso lo stato naturale… che ringiovanisce corpo e spirito.»
La pratica si trasfigura in un’arte completa, in cui ritmo, spazio e tempo si fondono in un’unica espressione:
«Il ritmo dei movimenti tecnici equivale a una musica, i tracciati disegnati nello spazio sono dipinti su una tela che è l’universo. Allenarsi significa fondersi con la natura e con l’universo.»
In questa visione profonda, il Karate non è più solo un’arte marziale, ma un fondamento per ogni arte, una via di trasformazione umana.
Ma Egami non si sottrae alla realtà del suo tempo. Osserva con amarezza la direzione intrapresa dal Karate moderno, sempre più orientato alla competizione, sempre più lontano dalla sua essenza. E riconosce, con umiltà e coraggio, la propria parte di responsabilità.
«Nella mia giovinezza… ho pensato e agito con l’idea di essere efficace in una situazione reale. Ho praticato il combattimento libero e mi sono allenato al makiwara più rigido. Mi sono così allontanato dall’allenamento essenziale.»
«Oggi non capisco perché il Karate continui a evolversi nella direzione sbagliata, che era già la nostra molti decenni fa…»
E infine, lancia un appello:
«Se si definisce il Karate come una pura competizione sportiva, non ho nulla da dire. Ma… non è forse il momento di riflettere davvero su cosa debba essere il Karate?» Con questa nuova strada, Shigeru Egami ha ridisegnato il senso profondo della pratica. Non si è limitato a cambiare tecniche o metodi: ha indicato una via. Una via difficile, silenziosa, forse impopolare. Ma una via autentica, nella quale la forza non nasce dalla durezza, ma dall’armonia, dal ritorno allo stato naturale, dalla fusione tra corpo, spirito e universo.
Fonti principali:
- Kenji Tokitsu, Storia del Karate – La via della mano vuota, Luni Editore, 2001.
