Gichin Funakoshi: la Scuola Shōtōkan
Gichin Funakoshi è spesso considerato il padre del Karate moderno, ma questa attribuzione nasce da una confusione tra chi ha modernizzato il karate e chi ne ha promosso la diffusione. La modernizzazione tecnica e didattica si deve ad Ankō Itosu, mentre la diffusione in Giappone continentale è opera di Funakoshi.
Nato a Okinawa nel 1868, primo anno dell’era Meiji, Funakoshi cresce in una famiglia tradizionale in un periodo di profonda trasformazione per il Giappone, che passa dal feudalesimo alla modernità. Intenzionato inizialmente a studiare medicina, rinuncia agli studi a causa di una normativa imperiale che vietava agli studenti universitari di mantenere la crocchia. Rifiutando di tagliare i capelli, preferisce abbandonare il progetto accademico, creando tensioni in famiglia. A ventun anni inizia a lavorare come insegnante in una scuola elementare a Naha, ruolo che manterrà per oltre trent’anni.
La pratica del “Te”, l’arte marziale autoctona di Okinawa, comincia per lui all’età di dodici anni sotto la guida del maestro Ankō Asato, discepolo di Sōkon Matsumura. Gli allenamenti si svolgono spesso di notte, all’aperto, poiché la pratica del Te era ancora avvolta da una certa segretezza. Di questo periodo, Funakoshi risulta essere l’unico allievo documentato di Asato.
Durante la sua carriera scolastica, incontra Ankō Itosu, anch’egli allievo di Matsumura e amico di Asato. Funakoshi prosegue lo studio dell’arte marziale sotto la guida di entrambi, conciliando la pratica con l’insegnamento scolastico. I due maestri, pur provenendo dalla stessa scuola, presentano approcci diversi: Asato, fisicamente imponente, sostiene l’idea che mani e piedi dell’avversario siano come lame da cui non ci si deve mai far colpire; Itosu, più basso e robusto, ritiene invece che rafforzare il corpo attraverso il contatto sia parte integrante dell’allenamento.
Nel 1921, in occasione del passaggio del Principe Imperiale a Okinawa, Funakoshi è incaricato di una dimostrazione pubblica del Te. L’anno seguente si reca a Kyōtō per un’esibizione organizzata nell’ambito dell’Esposizione Nazionale di Educazione Fisica. Inizialmente intenzionato a tornare a Okinawa, viene invitato da Jigorō Kanō, fondatore del Jūdō, a esibirsi nel suo dōjō Kōdōkan di Tōkyō. Il successo di questa dimostrazione convince Funakoshi a rimanere nella capitale per dedicarsi alla diffusione della sua arte.
All’età di cinquantatré anni, lascia definitivamente il suo impiego da insegnante e si trasferisce stabilmente a Tōkyō, lasciando moglie e figli a Okinawa. Trova lavoro come portinaio presso uno studentato per giovani di Okinawa, il Meisei-juku, dove in cambio dell’alloggio si occupa di piccole mansioni quotidiane. Gli viene concessa una sala per insegnare karate, e sebbene inizialmente abbia pochi allievi, in breve tempo il numero cresce grazie alla formazione di club universitari che giocano un ruolo fondamentale nella diffusione dell’arte.
Nel 1922 pubblica la sua prima opera, in cui usa ancora gli ideogrammi che identificano il Karate come “mano della Cina”. Anche nel secondo testo, pubblicato due anni dopo, mantiene questa scrittura. Tuttavia, con l’ascesa del nazionalismo giapponese negli anni Trenta, il riferimento alla Cina diventa inopportuno, ed è in questo contesto che Funakoshi sostituisce l’ideogramma di “Cina” con quello di “Vuoto”, reinterpretando il significato di Karate come “mano vuota”. L’introduzione successiva del suffisso “Dō”, che indica la Via, sancisce la nascita del termine “Karate-Dō”, ovvero la Via della Mano Vuota, segnando un netto legame con le discipline del Budō giapponese.
Nel 1938, ormai settantenne, scrive quella che diventerà la sua opera più completa e rappresentativa. Nello stesso anno, grazie al sostegno dei suoi allievi, viene costruito il primo dōjō ufficiale, che prenderà il nome di Shōtōkan, ovvero “la casa nel fruscio della pineta”, in riferimento al nome di penna con cui Funakoshi firmava le sue poesie.