Karate

Okinawa e le origini del Karate

Fin dai tempi antichi, gli abitanti dell’isola di Okinawa sono stati essenzialmente agricoltori e pescatori. L’isola, nel corso dei secoli, è stata attraversata da flussi migratori diretti verso il Giappone. È quindi plausibile che alcune etnie siano comuni sia ai giapponesi della terraferma che agli okinawesi. Tra il III secolo a.C. e il III secolo d.C., il Giappone subisce l’influenza della cultura cinese, entrando nell’età del ferro. Mentre il Giappone adotta un modello statale di tipo cinese, Okinawa rimane relativamente isolata, mantenendo solo deboli contatti con la Cina.

Questo isolamento dura fino al IX secolo, quando la società di Okinawa inizia a trasformarsi. Emergono capi locali, chiamati Aji (按司), che riescono a rafforzare il proprio potere grazie all’introduzione degli utensili in ferro provenienti dal Giappone. Questa innovazione aumenta la produttività agricola e stimola lo sviluppo culturale, accompagnato dalla diffusione del Buddhismo.

Durante i secoli XII e XIII, le rivalità tra i vari clan portano alla formazione di tre principati: Chūzan (中山), Nanzan (南山) e Hokuzan (北山). Questo periodo è noto come il periodo delle tre montagne.

Nel XIV secolo, alcuni sovrani di Okinawa avviano relazioni dirette con la dinastia Ming cinese. Il primo a farlo è il re Satto (察度), instaurando un rapporto di vassallaggio. Da questo momento iniziano ad arrivare sull’isola i primi elementi delle arti marziali cinesi.

Durante questo periodo, la Cina inizia a chiamare l’isola Ryukyu, nome che resta in uso fino alla fine del XIX secolo. L’imperatore cinese diventa l’autorità legittimante dei sovrani di Okinawa, e invia sull’isola ambascerie composte da civili e militari che spesso vi risiedono per molti mesi. Dal 1372 al 1866 queste missioni avvengono ben 23 volte, diventando un canale cruciale per la trasmissione delle arti marziali.

Nel 1392, il re di Ryukyu richiede alla Cina l’invio stabile di un gruppo di famiglie, conosciuto come le “36 famiglie”, che si stabiliscono nel villaggio di Kume. È plausibile che praticassero arti marziali a mani nude e che abbiano influenzato l’élite locale.

Agli inizi del XV secolo nasce uno stato unificato sotto la dinastia Shō. Dopo un periodo di instabilità, nel 1469 il potere viene assunto da Shō En (尚圓), cui succede suo figlio Shō Shin (尚眞), artefice di una forte centralizzazione del potere.

Shō Shin obbliga i capi locali a risiedere a Shuri, capitale amministrativa, e nel 1509 fa costruire il castello di Shuri (Shuri-jō). Inoltre, promuove la cultura cinese e ordina il primo disarmo della popolazione. Contrariamente alla leggenda secondo cui il disarmo fu conseguenza di un’invasione esterna, questo avvenimento fu interno e riguardò principalmente l’aristocrazia.

Tuttavia, la popolazione continua a essere minacciata da pirati giapponesi chiamati Wakō. Col tempo, i loro attacchi si trasformano in relazioni commerciali, che aumentano l’interesse del Giappone per Ryukyu.

Nel 1609 il dominio giapponese dei Satsuma invade Ryukyu. Le armi da fuoco giapponesi e la lunga proibizione dell’uso delle armi rendono impossibile la resistenza okinawese. I Satsuma impongono un dominio feudale, mantenendo i rapporti di vassallaggio con la Cina per trarne vantaggi commerciali.

In questo contesto, la cultura di Okinawa è compressa tra due influenze: quella cinese e quella giapponese. Solo con la diffusione del karate nel XX secolo l’identità culturale dell’isola trova una nuova affermazione.

La proibizione delle armi, avviata nel XV secolo dai re di Ryukyu, precede la dominazione giapponese. Non ci sono prove che i contadini praticassero arti marziali: queste erano prerogativa della nobiltà, che le riceveva dai cinesi residenti o in missione.

L’arte del combattimento cinese si è diffusa a Okinawa attraverso tre principali canali:

  1. Delegazioni cinesi: Tra il 1372 e il 1866, 23 missioni imperiali cinesi visitano Ryukyu. Anche se non ci sono prove dirette di interazioni con la popolazione, è probabile che i membri militari abbiano avuto modo di mostrare tecniche di combattimento.
  2. Comunità cinese di Kume: Dal 1392, le 36 famiglie cinesi si stabiliscono a Kume. Nonostante l’isolamento formale, contatti con la nobiltà locale sono verosimili. Da qui nascerà il Naha-Te, la scuola legata a questa tradizione.
  3. Okinawesi in Cina: A partire dal XVII secolo, diversi abitanti di Okinawa viaggiano in Cina per motivi commerciali. È probabile che apprendano alcune tecniche di combattimento, le reinterpretino, e le trasmettano una volta rientrati.

Inizialmente l’arte del Te è riservata alla nobiltà. Ma tra il XVII e il XVIII secolo, il progressivo impoverimento dei vassalli porta al mescolamento tra le classi. Questo favorisce la diffusione del Te anche tra gli artigiani e gli agricoltori.

Le prime scuole di Te nascono nel XIX secolo e si identificano con le località: Naha-Te, Shuri-Te e Tomari-Te. La distinzione tra To-De (mano cinese) e Okinawa-Te (mano di Okinawa) suggerisce che forme locali di combattimento esistessero già prima dell’influenza cinese, seppur in modo rudimentale. Sebbene manchino documenti storici certi, alcune danze tradizionali dell’isola presentano movimenti che ricordano i kata, le sequenze tipiche del karate.

Fonti principali:

  • Kenji Tokitsu, Storia del Karate – La via della mano vuota, Luni Editore, 2001.
  • Gichin Funakoshi, Karate-dō: Il mio modo di vivere, Edizioni Mediterranee.

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