L’introduzione del Karate nelle scuole
A partire dal 1867, il Giappone attraversa una svolta epocale con la fine del sistema feudale. L’imperatore assume direttamente ogni potere, annullando l’autorità degli Shōgun, e centralizzando l’amministrazione statale sotto la propria figura. Il Paese avvia un intenso processo di modernizzazione ispirato ai modelli industriali ed economico-amministrativi occidentali, con l’obiettivo di costruire anche una forza militare fortemente potenziata.
Le ripercussioni di questi cambiamenti si fanno sentire anche a Okinawa, dove la famiglia reale viene deposta e l’isola viene formalmente integrata nello Stato giapponese come prefettura di Okinawa. Il nuovo assetto rafforza il Giappone, che nel 1894 esce vittorioso dalla guerra contro la Cina. Questa vittoria suscita sentimenti ambivalenti: se da un lato molti giapponesi esultano, dall’altro alcuni provano rimorso per aver sconfitto la nazione che, per secoli, aveva nutrito culturalmente il Giappone. A Okinawa, dove l’influenza cinese è ancora più profonda, questo conflitto emotivo è ancora più sentito.
Nel 1905, il Giappone sconfigge anche la Russia, affermandosi come potenza militare moderna. Tuttavia, Okinawa esce da queste campagne belliche culturalmente spaccata: una maggioranza abbraccia con orgoglio la nuova identità giapponese, mentre una minoranza resta legata alle tradizioni cinesi.
Nel quadro della modernizzazione, il Giappone istituisce un nuovo sistema scolastico nazionale, che comprende anche Okinawa. È in questo contesto che il maestro Ankō Itosu (Yasutsune Itosu) riesce a convincere l’Ispettorato dell’Istruzione Pubblica a introdurre il karate come disciplina scolastica, appositamente codificata in una forma semplificata e sistematizzata per l’insegnamento.
Itosu apporta modifiche profonde al karate, trasformandolo da arte marziale individuale in strumento educativo collettivo. Il suo obiettivo è integrare il karate nel sistema scolastico come forma di educazione fisica e morale, in linea con l’ideologia nazionalista del tempo. Tre suoi allievi partecipano alla guerra russo-giapponese del 1905 e tornano vittoriosi, contribuendo al riconoscimento del karate come utile alla formazione del carattere e dello spirito combattivo dei futuri soldati.
Okinawa, da sempre sospesa tra l’influenza della Cina e quella del Giappone, tenta ora di costruire una propria identità all’interno del moderno Stato giapponese. Il contributo di Itosu in questa direzione è fondamentale: forma numerosi allievi, alcuni dei quali fonderanno i principali stili di karate.
Se a Gichin Funakoshi spetterà il merito della diffusione del karate nel Giappone continentale, ad Ankō Itosu va attribuito senza dubbio il titolo di “padre del karate moderno”.
Nel frattempo, in Giappone viene introdotto un sistema di leva obbligatoria. La preparazione militare inizia già a scuola, dove la disciplina fisica diventa parte essenziale della formazione. Uno degli allievi più noti di Itosu, Kentsū Yabu, diventa celebre per le sue imprese militari. Insieme ad altri due allievi del maestro, viene selezionato tra i candidati di Okinawa per entrare nell’esercito giapponese.
Yabu, soprannominato “sergente Yabu” (nonostante la promozione a tenente), diventa uno dei primi a far conoscere il karate anche al di fuori di Okinawa. Il prefetto di Okinawa, proveniente dal clan Satsuma e praticante della Jigen-ryū, resta impressionato dalle sue gesta, facilitando la diffusione del karate.
Yabu inizia anche a scrivere articoli per i giornali locali sull’importanza della preparazione fisica e sull’educazione marziale. Questi articoli rafforzano la convinzione di Itosu di proseguire sulla strada della diffusione del karate scolastico.
Nel 1901, grazie a Itosu e ai suoi allievi, il karate viene introdotto ufficialmente nella scuola elementare di Okinawa. Tre anni dopo, nel 1904, una dimostrazione del maestro Itosu convince ispettori e docenti a introdurre la disciplina anche nell’istituto magistrale e nel liceo. All’epoca, Itosu ha 74 anni.
La pratica subisce un cambiamento radicale: da disciplina trasmessa individualmente, il karate diventa insegnamento di massa. Il modello di riferimento è quello dell’addestramento militare, con un maestro che impartisce comandi a gruppi numerosi.
Per l’insegnamento scolastico, Itosu codifica specifici kata:
- I tre Naifanchi (che diventeranno Tekki Shōdan, Nidan, Sandan)
- I cinque Pinan (poi Heian Shōdan, Nidan, ecc.)
Anche la nomenclatura dei kata viene innovata: i termini Shōdan (primo livello), Nidan (secondo livello), ecc., sono introdotti da Itosu su suggerimento del suo maestro Matsumura, ispirandosi alla classificazione dei kata della Jigen-ryū.
Itosu non si limita a rinominare i kata: li modifica attivamente, rimuovendo o adattando tecniche potenzialmente pericolose, trasformando movimenti a mano aperta in mano chiusa, e dividendo i kata complessi in sequenze più semplici. Il kata Naifanchi, ad esempio, viene spezzato in tre.
Il maestro trasmette ai docenti uno spirito pedagogico nella pratica del karate, enfatizzando i suoi valori educativi, fisici e morali. Le modifiche proseguono per anni: Itosu adatta continuamente la sua didattica in base ai risultati osservati. Ne consegue che gli allievi di epoche diverse ricevono insegnamenti diversi, anche sullo stesso kata.
È quindi errato pensare che Itosu abbia trasmesso una sola forma standardizzata di karate: il suo lavoro è stato in continua evoluzione, guidato da un preciso obiettivo educativo. La dimensione marziale resta, ma viene subordinata a quella formativa. In questo modo, il karate si afferma come disciplina scolastica e civica, ponendo le basi del karate moderno.